Le mattine erano nere
i pomeriggi uguali
e le sere prendevano il colore dei lampioni
avevo venticinque anni
ero bello
ero forte
ero un bel pezzo di ragazzo
bevevo limoncello dal collo della bottiglia
e ridevo, facevo il pazzo.
Già mi alzavo all’alba per lavorare
e andavo a letto tardi con il mal di testa
prendevo in prestito l’auto di mio padre
e sfrecciavo lungo via Madre Cabrini
con il gomito fuori
con lo stereo a palla
con i miei amici scemi da festa.
Era la noia
la noia di un paese piccolo
la noia di un paese flaccido
fatto di bar e filiali di banca
e storie di gente
che andava in giro a fregare altra gente.
E la noia era tanta
e lavorare già mi stancava.
Una sera buttai giù i miei primi versi
– qualcuno venne pubblicato su un giornalino locale –
e mi sentivo scoppiare nei miei vestiti vecchi
pensavo che avrei dovuto
fare l’università
essere laureato in lettere
diventare professore magari poeta.
Volevo cambiare il mondo
essere anacronistico fare l’anarchico
volevo scrivere bombe a mano
essere un sicario al soldo
di sua maestà la poesia
ma l’unica cosa concreta che feci
fu quella di rollarmi
una gran bella canna.
beh, alla fine, accorciare le pretese rende davvero poeti
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Un po’ come ridurre al minimo le parole
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La vita nelle tue parole…
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